La Regola

una bussola per orientare il cammino di fede

La Regola

una bussola per orientare il cammino di fede

San Francesco con la sua Regola dice ancora oggi che il “Nord”,
il polo magnetico verso cui orientarsi, è Gesù, è il Vangelo!

cos’è la regola francescana?

La “Regola” è l’insieme di una serie di passi del Vangelo e di indicazioni scelte da San Francesco per guidare la vita dei frati e di tutte le persone che vogliono seguire il carisma francescano. 

Colantonio, San Francesco Consegna la Regola

cos’è la regola francescana?

La “Regola” è l’insieme di una serie di passi del Vangelo e di indicazioni scelte da San Francesco per guidare la vita dei frati e di tutte le persone che vogliono seguire il carisma francescano. 

 

Colantonio, San Francesco Consegna la Regola

Il cuore della scelta francescana consiste nel “seguire le orme di Nostro Signore Gesù” ed è camminando con gli occhi puntati a Lui che ogni persona può fare i propri passi unici e irripetibili, espressione della relazione con Gesù.

La Regola non separa, ma unisce.
La Regola non rende tutti uguali, ma valorizza le differenze e le unicità.
La Regola non è astratta, ma parla della vita vera, quotidiana.
La Regola non solletica solo l’anima, ma coltiva l’umanità.
La Regola insegna la cura per sé, per i fratelli e per Dio.

Particolare de La Regola, Archivio fotografico Sacro Convento

La Regola non separa, ma unisce.

La Regola non rende tutti uguali, ma valorizza le differenze e le unicità.

La Regola non è astratta, ma parla della vita vera, quotidiana.

La Regola non solletica solo l’anima, ma coltiva l’umanità.

La Regola insegna la cura per sé, per i fratelli e per Dio.

Particolare de La Regola, Archivio Fotografico Santo Convento

La Regola di San Francesco, prima che essere un documento normativo, è un dono per ogni donna e uomo, perché dopo oltre 800 anni continua a indicare il “Nord”, a indicare un cammino di apertura e cura verso Dio e verso gli altri.

scopriamo insieme la regola di san francesco

ALLA BASE
DI UNA
VITA

Nel Vangelo, nelle parole di Gesù,
affondano le radici e il senso della
Regola francescana. È qui che
inizia la vita di ogni fratello:
“Ecco quello che desideravamo,
ecco quello che cercavamo!
Questa sarà la nostra Regola”

ALLA BASE
DELLA
FRATERNITA’

Per vivere una gioia piena e il vero Amore,
Francesco invita alla preghiera e plasma
la Regola per guardare all’esempio di Gesù
che accompagna, ascolta e custodisce
i fratelli e gli ultimi.

“E dopo che il Signore mi donò dei frati,
nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare;
ma lo stesso Altissimo mi rivelò che
dovevo vivere secondo la forma
del santo Vangelo.” (FF 116)

VANGELO COME INIZIO E
FINE DELLA REGOLA

Sia nel primo che nell’ultimo capitolo della
Regola Bollata, Francesco sceglie di legare la
sua vita e quella dei frati minori al Vangelo.
L’esempio da seguire è quello di Gesù.
La bussola che ci ha donato San Francesco
punta sempre in questa direzione.
In Gesù c’è tutto quello che serve per vivere il vero spirito francescano, una vita di umiltà, povertà e servizio ai fratelli e al prossimo.
“La Regola e vita dei Frati Minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo diX nostro Signore Gesù Cristo” (Rb, I,1; FF 75).

capitolo 1

I. NEL NOME DEL SIGNORE INCOMINCIA LA VITA DEI FRATI MINORI

 La regola e la vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. Frate Francesco promette obbedienza e ossequio al signor Papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana. E gli altri frati siano tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.

capitolo 2

Di coloro che vogliono abbracciare questa vita e in quale modo debbano essere accolti

Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno dai nostri frati, questi li mandino dai loro ministri provinciali, ai quali soltanto e non ad altri sia concesso di ricevere i frati. I ministri poi diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa. E se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente professare e osservare fino alla fine e non hanno moglie o, qualora l’abbiano, essa sia già entrata in monastero o abbia dato loro il permesso con l’autorità del vescovo diocesano, dopo aver fatto voto di castità e le mogli siano di tale età che non possa nascere su di loro alcun sospetto; dicano ad essi la parola del Santo Vangelo, che vadano e vendano tutto quello che hanno e procurino di darlo ai poveri. Se non potranno farlo, basta ad essi la buona volontà. E si guardino i frati e i loro ministri di essere solleciti delle loro cose temporali, affinché dispongano delle medesime liberamente secondo l’ispirazione del Signore. Se tuttavia si chiedesse loro un consiglio, i ministri li potranno mandare da persone timorate di Dio perché con il loro aiuto diano i loro beni ai poveri. Poi concedano loro i panni della prova, cioè due tonache senza cappuccio e il cingolo e i pantaloni e il capperone fino al cingolo, se ai ministri non sembrerà diversamente secondo Dio. Terminato l’anno della prova siano ricevuti all’obbedienza promettendo di osservare sempre questa vita e la Regola. E in nessun modo sarà lecito di uscire da questa Religione secondo il decreto del signor Papa; poiché, come dice il Vangelo, nessuno che pone la mano all’aratro e poi si volge indietro è atto al regno di Dio (Lc 9,62). E quelli che hanno già promesso obbedienza, abbiano una tonaca con il cappuccio e un’altra senza, coloro che la vorranno avere. E coloro che sono costretti da necessità possano portare calzature. E tutti i frati si vestano di abiti vili che possono rattoppare con sacco e altre pezze con la benedizione di Dio. I quali ammonisco ed esorto di non disprezzare e di non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usano cibi e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi sé stesso.

capitolo 3

Dell’Ufficio divino e del digiuno, e come i frati debbano andare per il mondo

 I chierici recitino il divino ufficio secondo il rito della santa Chiesa romana eccetto il salterio, e perciò potranno avere i breviari. I laici dicano ventiquattro Pater Noster per il mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste, sette; per il Vespro dodici; per compieta sette; e preghino per i defunti. E digiunino dalla festa di tutti i santi fino alla Natività del Signore. La santa Quaresima invece, che incomincia dall’Epifania e dura ininterrottamente per quaranta giorni e che il Signore santificò con il suo digiuno, coloro che volontariamente la passano nel digiuno siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non vi siano obbligati (Mt 4,2). Ma l’altra, fino alla Resurrezione del Signore, la passino digiunando. Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì. Nei casi di manifesta necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale. Consiglio poi, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino, ed evitino le dispute di parole, ne giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come conviene (Tim 2,14). E non debbano cavalcare se non siano costretti da evidente necessità o infermità. In qualunque casa entreranno prima dicano: Pace a questa casa (Lc 10,5). E secondo il santo Vangelo potranno mangiare di tutti i cibi che saranno loro presentati (Lc 10,8)

capitolo 4

Che i frati non ricevano denaro

Ordino fermamente a tutti i frati che in nessun modo ricevano denari o pecunia direttamente o per interposta persona. Tuttavia per le necessità dei malati e per vestire gli altri frati, i ministri soltanto e i custodi per mezzo di amici spirituali, abbiano sollecita cura secondo i luoghi, la circostanza, il clima delle regioni, così come sembrerà convenire alla necessità, salvo sempre, come è stato detto, che non ricevano in nessuna maniera denaro o pecunia.

capitolo 5

Del modo di lavorare

Quei frati ai quali il Signore ha concesso la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e con devozione, così che, allontanato l’ozio, nemico dell’anima, non spengano lo spirito della santa orazione e devozione al quale devono servire tutte le altre cose temporali. Come ricompensa del lavoro per sé e per i loro frati ricevano le cose necessarie al corpo, eccetto denari o pecunia, e questo umilmente, come conviene a servi di Dio e a seguaci della santissima povertà.

capitolo 6

Che i frati nulla si approprino; del chiedere elemosine e dei frati ammalati

I frati non si approprino di nulla, ne casa, ne luogo, o alcuna altra cosa. E come pellegrini e forestieri in questo mondo (Petr 2,11), servendo al Signore in povertà ed umiltà, vadano per l’elemosina con fiducia (Cor 8,9). Ne devono vergognarsi, perché il Signore si e fatto povero per noi in questo mondo. Questa e, fratelli miei carissimi, l’eccellenza dell’altissima povertà, che vi costituisce eredi e re del regno dei cieli, facendovi poveri di cose e ricchi di virtù (Jac 2,5). Questa sia la vostra porzione che vi conduce alla terra dei viventi (Ps 141,6). E a questa povertà, fratelli carissimi, totalmente uniti, non vogliate aver altro sotto il cielo, per sempre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. E ovunque sono e si troveranno i frati, si mostrino familiari tra loro. E ciascuno manifesti con fiducia all’altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale (Thess 2,7), con quanto più affetto uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale? E se uno di essi cadrà malato, gli altri frati lo devono servire come vorrebbero essere serviti (Mt 7,12).

capitolo 7

Della penitenza che si deve imporre ai frati che peccano

Se alcuni frati, per istigazione del nemico, avranno mortalmente peccato, per quei peccati per i quali sarà stato ordinato tra i frati di ricorrere ai soli ministri provinciali, i predetti frati siano tenuti a ricorrere ad essi quanto prima potranno senza indugio. I ministri poi, se sono sacerdoti, impongano con misericordia ad essi la penitenza; se invece non sono sacerdoti, la facciano imporre da altri sacerdoti dell’Ordine, così come sembrerà più opportuno, secondo Dio. E devono guardarsi di non adirarsi ne risentirsi per il peccato commesso da un frate, poiché l’ira e il risentimento impediscono in sé e negli altri la carità.

capitolo 8

Dell’elezione del ministro generale di questa fraternità, e del capitolo della Pentecoste

 Tutti i frati siano tenuti sempre ad avere uno dei frati di quest’Ordine come ministro generale e servo di tutta la fraternità e a lui devono fermamente obbedire. Alla sua morte l’elezione del successore sia fatta dai ministri provinciali e dai custodi nel Capitolo di Pentecoste, al quale i ministri provinciali siano tenuti sempre ad intervenire dovunque sarà stabilito dal ministro generale; e questo una volta ogni tre anni o entro un termine maggiore o minore, così come dal predetto ministro sarà ordinato. E se talora ai ministri provinciali e ai custodi all’unanimità sembrasse che detto ministro non fosse idoneo al servizio e al comune bene dei frati, i predetti ministri e custodi, ai quali e commessa l’elezione, siano tenuti nel nome del Signore ad eleggersi un altro custode. Dopo il Capitolo di Pentecoste i singoli ministri e custodi possono, se vogliono e lo credono opportuno, radunare nello stesso anno, una volta i loro frati a capitolo.

capitolo 9

Dei predicatori

I frati non predichino nella diocesi di alcun vescovo qualora dallo stesso vescovo fosse loro proibito. E nessun frate osi predicare al popolo se prima non sia stato esaminato e approvato dal ministro generale di questa fraternità e non abbia ricevuto dal medesimo l’ufficio della predicazione. Ammonisco anche ed esorto gli stessi frati che nella loro predicazione le loro parole siano ponderate e caste a utilità (Ps 11,7; 17,31) e a edificazione del popolo, annunciando ai fedeli i vizi e le virtù, la pena e la gloria con brevità di discorso poiché il Signore disse sulla terra parole brevi (Rom 9,28).

capitolo 10

Dell’ammonizione e della correzione dei frati

I frati, che sono ministri e servi degli altri frati, visitino e ammoniscano i loro frati e li correggano con umiltà e carità, non ordinando ad essi niente che sia contro alla loro anima e alla nostra Regola. I frati poi, che sono sudditi, si ricordino che per Dio hanno rinnegato la propria volontà. Per cui fermamente ordino loro di obbedire ai ministri in tutte quelle cose che promisero al Signore di osservare e non sono contrarie all’anima e alla nostra Regola. E ovunque ci siano dei frati che sapessero e conoscessero di non potere spiritualmente osservare la Regola, debbano e possano ricorrere ai loro ministri. E i ministri li accolgano con carità e benevolenza e mostrino ad essi tanta familiarità che quelli possano parlare e fare con essi così come parlano e fanno i padroni con i loro servi; infatti così deve essere, che i ministri siano i servi di tutti i frati. Ammonisco poi ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati da ogni superbia, vana gloria, invidia, avarizia (Lc 12,15), dalle cure e dalle preoccupazioni di questo mondo (Mt 13,22), dalla detrazione e dalla mormorazione. E se non sanno di lettere, non si preoccupino di apprenderle, ma attendano a ciò che devono desiderare sopra ogni cosa: avere lo Spirito del Signore e le sue opere, per pregare sempre con cuore puro e avere umiltà, pazienza nelle persecuzioni e nelle infermità e amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano, poiché dice il Signore: Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano (Mt 5,44). Beati quelli che sono perseguitati per la giustizia, poiché di essi e il regno dei cieli (Mt 5,10). E chi persevererà fino alla fine, questi sarà salvo (Mt 10,22).

capitolo 11

Che i frati non debbono entrare nei monasteri delle monache

 Ordino fermamente a tutti i frati di non avere vicinanza o colloqui con donne tali da ingenerare sospetto, e di non entrare in monasteri di monache, eccetto quelli ai quali è stata data dalla Sede apostolica una speciale licenza. Ne si facciano padrini di uomini e di donne, affinché per questa occasione non sorga scandalo tra i frati e dai frati.

capitolo 12

Di coloro che si recano tra i saraceni e gli altri infedeli

 Quei frati che, per divina ispirazione, vorranno andare tra i Saraceni e tra gli altri infedeli, ne chiedano il permesso ai loro ministri provinciali. I ministri poi non diano a nessuno il permesso se non a quelli che riterranno idonei ad essere mandati. Per obbedienza, inoltre, ordino ai ministri che chiedano al signor Papa uno dei cardinali della Santa Chiesa romana il quale sia governatore, protettore e correttore di questa fraternità affinché sempre sudditi e soggetti ai piedi della medesima Santa Chiesa, stabili nella fede (Col 1,23) cattolica, osserviamo la povertà, l’umiltà e il Santo Vangelo del Signor nostro Gesù Cristo, che abbiamo fermamente promesso.