A volte, dopo una giornata passata tra le pareti della mensa e del centro d’ascolto, tra persone che spesso non conosco e che cercano da me attenzione e cura, ho proprio bisogno di un luogo in cui respirare e questo luogo è, per me, la mia fraternità.
La vita del frate è una vita spesa per gli altri, è una vita che ti stanca, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente ed è bello avere un luogo dove trovare ristoro, dove potersi fermare, lasciarsi andare, sbagliare e, nonostante gli sbagli, essere accolti e accettati. Questo è essere fratelli: stare accanto all’altro, indipendentemente dalle cose giuste o sbagliate che fanno. Sicuramente non è facile, ma se si prova a vivere questa dinamica la ricompensa è enorme!
Da quando presto servizio con i poveri, che spesso vivono in una grande solitudine perché non hanno più alcuna relazione sociale e affettiva, mi sono reso conto di quanto il bisogno di affetto, di quotidiana accoglienza e di vicinanza sia un bisogno universale, condiviso da tutti. Per questo mi sento fortunato ad avere una fraternità, dove posso tornare ogni giorno e dove ho sempre qualcuno accanto, nonostante le tante fatiche e le tensioni che ci possono essere, soprattutto dopo una giornata passata tra i tanti poveri che chiedono attenzione.
Spesso non riesco a stare accanto a ciascuno di loro come vorrei; a volte qualcuno si lamenta perché non l’ho considerato o perché non gli ho chiesto come sta. Purtroppo può succedere, per mille motivi: perché sono impegnato in altro, perché ci sono altre venti persone davanti a lui che si fanno sentire di più, perché sono stanco…
Mi dispiace molto, vorrei essere stato un fratello anche per lui, vorrei chiedergli scusa, ma spesso c’è solo una cosa che posso fare quando rientro in convento: alla fine della giornata, davanti al tabernacolo, affidarlo al Signore. Io arrivo dove posso, al resto ci pensa Lui.
fr. Davide Ferla