Le persone che frequentano la mensa sono vitali e dinamiche, ed anche molto diverse tra loro. A volte non si presentano ordinate, profumate, armoniose o gradevoli, ma se le accosto, usando lo stile di Francesco con il lebbroso, in ciascuna posso scoprire Dio: si tratta di esercitarsi, ogni giorno, a coltivare uno sguardo che va oltre l’apparenza, quindi speciale e simile a quello che aveva Gesù.
Spesso, purtroppo, anche un servizio di carità lo si può vivere come se fosse un insieme di scelte separate dalla carità stessa, cioè come un dovere da svolgere.
In realtà, credo che la carità sia “volere il bene dell’altro” e che sia più simile ad un luogo che ad un impegno: è lo spazio, sicuramente privilegiato, dove diffondere l’annuncio di Gesù o meglio, oserei dire, dove poterlo ricevere, perché alla fin fine i “poveri” sono proprio quelli più capaci di abitare questo luogo e sono loro ad insegnarci come vivere seriamente il Vangelo! Loro ci prendono per mano e ci riconducono al midollo del Vangelo!
Per fare un esempio, quando condivido con i nostri ospiti i momenti di lectio, cioè di ascolto della Parola di Dio, programmati in Avvento e in Quaresima, mi arricchisco di considerazioni particolari, a volte un po’ sgrammaticate, storte, inaspettate, sicuramente introvabili in un commentario o in un libro di teologia. Eppure credo fortemente che è proprio attraverso il loro sguardo e dal loro punto di vista che il Signore ci osserva.
Nella vita dei poveri che incontro rileggo tante storie che ho trovato scritte nella Bibbia e mi rendo conto che, anche se sono trascorsi tanti secoli, le situazioni difficili della vita umana si ripetono.
fr. Carlo Cavallari