Fratelli tra fratelli

Voi siete tutti fratelli.
E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra,
perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste.

(Vangelo di Matteo: 23,8-9)

San Francesco, nella prima Regola scritta per i suoi frati, citando questa espressione di Gesù, evidenzia fortemente la dimensione della fraternità, dal momento che “frati” significa semplicemente “fratelli” come, allo stesso modo, “suore” significa “sorelle”… In entrambi i casi, nella nostra comune esperienza di vita, questi due termini hanno senso solo se ci si riconosce figli di un unico padre.
Infatti, non può esistere nessuna forma di fraternità che non sia fondata su una paternità riconosciuta e condivisa. Ci si può chiamare fratelli (o sorelle) in verità, e non per finzione o per modo di dire, solo se si suppone di avere uno stesso padre.

Qui, però, si parla del Padre con la “P” maiuscola! Può essere interessante sapere che san Francesco, fondandosi sempre sul Vangelo, non voleva che i suoi frati si facessero chiamare così, perché li riteneva solo “frati”, fratelli. Lui stesso non ha mai accettato di farsi chiamare “padre” e si firmava semplicemente “frate Francesco”.
L’unica che, nelle sue lettere, lo nomina ripetutamente come il “padre nostro Francesco” fu santa Chiara, la quale però, scrisse di lui diversi anni dopo la sua morte. Prima, forse, non se lo sarebbe permesso…


La dimensione della fraternità è dunque essenziale nella visione evangelica e francescana della vita
, proprio perché suppone l’esperienza di un Dio che è Padre di tutti gli uomini, senza distinzione di religione, razza, lingua, cultura. Si tratta di una fraternità universale, ma non solo: per Francesco la fraternità assume una dimensione cosmica perché, come sappiamo, nel suo Cantico delle creature, chiama “frate” il sole, il vento, il fuoco… e loda il Creatore per “sora luna e le stelle”, come per “sora acqua”…

Così, per l’appunto, si fa presto a dire “fratelli”…o a dire “sorelle”… ma la possibilità di vivere veramente la fraternità è un dono che viene dall’alto e che suppone una percezione di noi, degli altri, del mondo in cui viviamo, dell’intero universo, che supera immensamente noi stessi, perché fondata su un “inizio” che è lo stesso del Cantico delle creature:

Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so’ le laude, la gloria e l’honore
et onne benedizione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfane,
e nullu homo ène dignu
Te mentovare.

 

fra Enzo Maggioni,
Ministro Provinciale

Provincia S. Antonio – Milano