Un restauratore. Ecco ciò che Dio mi chiedeva di essere!
Questo era ciò che pensavo quando nel 2010 fui trasferito nel convento di Pavia come confessore. Quando arrivai, la chiesa era in restauro e tutto era un cantiere in lavorazione.
Io, dal confessionale, pensavo che il mio amministrare il sacramento della riconciliazione fosse simile al lavoro dei restauratori: come essi cercavano di rendere splendente la chiesa, allo stesso modo io cercavo di restaurare le anime dei penitenti, affinché splendessero della luce viva di Cristo Risorto.
Da sempre, nella mia lunga vita da frate – lunga perché la mia chiamata vocazionale è arrivata molto presto e ora ho più di 80 anni – ho cercato di prendermi cura degli altri e delle loro anime, ma l’esperienza che più di tutte mi ha permesso di “essere frate” e di spendere e consumare la mia vita nella cura e nella custodia del prossimo è stato il periodo trascorso presso gli Spedali Civici di Brescia come cappellano.
Qui, per oltre vent’anni, dalle sei del mattino alle sette di sera, ho trascorso il mio tempo accanto ai malati, soprattutto quelli in dialisi, cercando di lenire dolcemente non tanto le sofferenze del corpo, quando quelle dell’anima. Qui ho appreso le lezioni più importanti: ho imparato la pazienza dell’ascolto; ho accolto docilmente la grandezza dei loro esempi di forte speranza e del loro disarmante coraggio; qui ho colto la profondità del loro grido implorante; qui ho imparato a riconoscere non solo le più disparate manifestazioni della malattia, ma anche e soprattutto la sacralità della persona sofferente.
Sono stati insegnamenti importanti, soprattutto quando, in un momento di personale sofferenza, nel dicembre 2017, sono stato costretto a un ricovero ospedaliero piuttosto lungo. Dio mi stava ponendo di fronte a una grande sfida: essere servitore sofferente in mezzo ai sofferenti. E così, quando le forze me lo concedevano, passeggiavo tra i corridoi dei diversi reparti portando conforto e benedizione agli ammalati, condividendo con loro la sofferenza, ma anche la speranza di un miglioramento, nella certezza che qualcuno, un fratello e un Padre, non ci avrebbe mai lasciati soli.
fr. Camillo Galbiati