STIMMATE SUE E NOSTRE

O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti prego che tu mi faccia innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nell’ora della tua acerbissima passione;

la seconda, che io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quell’eccessivo amore del quale tu, Figlio di Dio, eri acceso per sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori.

(Quarta Considerazione sulle stimmate, FF 1919)

Anche noi siamo chiamati ad accogliere
le Stimmate di San Francesco

Non era in un bel momento Francesco quando, ottocento anni fa, prima di ricevere le stimmate sul monte della Verna e a due anni dalla morte, manifestò il suo profondo sentire questa preghiera che nessuno di noi oserebbe fare.

Il desiderio di immedesimarsi in Gesù e di condividere tutto di lui, un desiderio possibile solo a chi è abitato da un amore umanamente impossibile, si manifestò in un Francesco indebolito dalle malattie che ne martoriavano il corpo, ma anche sofferente in quanto fondatore emarginato dai suoi stessi frati che, a parte i primissimi compagni, gli avevano fatto chiaramente comprendere di non aver più bisogno di lui.

Ma cosa conta quando non si è più cercati, stimati e riconosciuti?
Cosa resta quando delle speranze semplicemente umane sono smentite dalla realtà e si rivelano illusorie?
Cosa vale veramente nel momento in cui l’esperienza di tanti limiti espone alla chiara e innegabile consapevolezza della propria insuperabile vulnerabilità e precarietà?

Sono domande salutari anche per noi. Attingere alla sola fonte della vita, una vita altra e oltre a quella che appare a tutti, è sempre stato il segreto di Francesco fin dai primi momenti della sua conversione. Ecco quindi che sulla Verna, dopo un cammino ventennale di vita evangelica e proprio dentro una grave crisi, emerge il maniera inequivocabile, nella sua stessa carne, la vera identità di Francesco: essere immagine di Cristo.

E’ forse questo un evento che non ci riguarda, se non per stupirci o dubitare?
Si tratta forse di un privilegio esclusivo da ammirare senza farcene toccare? No! Pure l’apostolo Paolo asserisce di portare le stimmate di Gesù nel suo corpo, polemizzando con certi cristiani che si erano allontanati dalla verità del Vangelo.

Anche noi, quindi, se viviamo sul serio il Vangelo pure tra tanti limiti, possiamo dire di portare le stimmate per essere oggi, in questo nostro tempo, delle immagini autentiche del Cristo! Sì, non è un’assurdità affermarlo: per il dono accolto del Vangelo, sola Parola di vita, le stimmate possono e devono essere portate anche da noi!

Proprio da noi che ci riconosciamo limitati e feriti in tanti modi ma che, come Francesco, possiamo fare delle nostre ferite una testimonianza di vita donata solo per Amore. Quello del Crocifisso. Quello vero. Quello che vince la morte!

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